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1988: BLOWIN' UP «Londra – Gli AC/DC sono degli eterni bambini. Angus Young a 28 anni si veste ancora da scolaretto come quando ne aveva 15 e andava al college. Tanto per esser sicuri di non crescere (c’è chi ci farebbe la firma col sangue), il concetto era reiterato nell’ultimo tour, quando di Angus sul palco se ne vedevano fino a sette. Biancaneve (Brian Johnson) e i sette nani? Più probabilmente Alì Babà e i 40 ladroni. Come le favole per ragazzi, gli AC/DC non passano mai di moda. Sono forse una delle poche vere istituzioni del rock. Un restauro qui, uno là e sono sempre come nuovi, sono sempre gli stessi, ma sono freschi come il cornetto Algida, anno dopo anno. Sembra la pubblicità della candeggina Ace: “gli AC/DC non fanno strapp…”. Brian Johnson e Angus Young hanno rinunciato al caldo della Florida per venire a girare un video a Londra in vista del nuovo album. Hanno buttato fave di qua e di là e i piccioni (i giornalisti) sono arrivati a frotte. E’ ora di pranzo, piove, e trovare la viuzza dove ha sede il loro management è come cercare il premio finale in una caccia al tesoro. Chiedo informazioni ai passanti quando ho proprio il naso davanti alla strada. Brian Johnson mi aspetta, beve birra. Le radici italiane di Brian sono note. Infatti ogni anno ci viene a trovare i parenti.
Vi siete divertiti in Italia durante quella tournee di tre anni fa?
BJ – Era OK, però Nettuno è solo una piccola cittadina fuori Roma e quella era la nostra prima visita in Italia. A Torino suonammo solamente in una piccola parte dello stadio e non c’era molta atmosfera. Credo che non siamo riusciti a proporci agli italiani come volevamo, inoltre era organizzato male, si è trattato solo di vendere biglietti ai kids che erano a Nettuno e a Roma e a Torino. Non credo che molta gente sia venuta da lontano per vederci e i veri fans degli AC/DC sono venuti in pochi. A Torino ci sarebbe piaciuto suonare in un posto più grande e al coperto ed in una tournee meglio organizzata. Quella era solo l’appendice del Monsters Of Rock dopo Donington. Era una specie di rigurgito e a me non è piaciuto, perché mi sarebbe piaciuto andarci come parte di una tournee vera e propria degli AC/DC. Senza avercela con Nettuno, credo che non è giusto che quando andiamo in Germania suoniamo nelle grandi città, mentre in Italia ci hanno confinato nella periferia di Roma e in una parte dello stadio di Torino, dove non faceva neanche tanto caldo. Io ero soddisfatto solo a metà.
Recentemente gli AC/DC sono stati estremamente attivi. Negli ultimi due anni hanno pubblicato “Fly On The Wall” e “Who Made Who” quasi a ruota. Nel secondo caso, pur trattandosi di un album che poco di nuovo aggiungeva, c’è stata anche una tournee. Non credi che questo fosse un surplus vista la qualità del prodotto?
BJ – Noi non volevamo un album con “Who Made Who”. Noi siamo stati impegnati con Stephen King per fare la colonna sonora del suo film “Maximum Overdrive”. Facemmo solo un singolo, tutto qua. Io ho scritto il testo, un po’ di musica l’hanno composta Malcolm ed Angus. Il singolo però è andato così bene che la casa discografica ha voluto pubblicare un album con altre canzoni vecchie ed i ragazzi ne sono stati abbastanza contenti. Ma è stato veramente un successo, la tournee precedente era andata bene, così ci siamo imbarcati in un’altra breve di sei settimane, completamente sold out. Fa paura pensare a quello che abbiamo ottenuto con quell’unica canzone. Non ce l’aspettavamo, ma abbiamo fatto un sacco di soldi in un brevissimo tempo di sei settimane ed eravamo tutti molto felici. Successivamente abbiamo tagliato i ponti con tutti per concentrarsi sul nuovo album ed abbiamo atteso il momento giusto senza farsi spingere dalla casa discografica.
Come già accennato, durante la canzone “Who Made Who”, sul palco apparivano parecchi ragazzini vestiti come Angus Young, una cosa simile appariva nel video promozionale del brano. Come siete arrivati alla scelta di questi ragazzini?
BJ – Prima di arrivare in ogni città, abbiamo organizzato delle competizioni attraverso due stazioni FM rock locali per eleggere i migliori sosia di Angus. Loro raccoglievano e sceglievano da 6 a 8 vincitori e quelli vincevano il diritto di apparire sul palco con noi. Era un’idea buffa. Alcuni di loro erano veramente impauriti, altri invece erano talmente orgogliosi e sicuri di sé. Tutti comunque, una volta arrivati sul palco, hanno vissuto un momento indimenticabile della loro vita. E’ una cosa che non rifaremo, ma è stata una buona idea per quella volta. Inoltre in quelle sei settimane abbiamo utilizzato il set costruito per il video. Nessuno l’ha visto in Europa e quei tubi di plastica dall’aspetto futuristico possono essere ancora utilizzati per la nuova tournee con un paio di modifiche che si adattino al nuovo LP che pubblicheremo. Lo adatteremo anche per la prossima tournee americana, perché in fondo abbiamo suonato solo per poco tempo ed in aree specifiche. Abbiamo suonato soprattutto nelle grandi città e i siamo anche recati in località dove non avevamo mai suonato prima. Non eravamo mai stati a Las Vegas, perché quella è una città dove i gruppi rock non suonano. C’è stato il tutto esaurito e non eravamo in un night club, ma suonavamo in un grande auditorium universitario.
Vi siete divertiti a scommettere molto?
BJ – Non riuscirei a scommettere su me stesso capace di prendere un raffreddore, nudo, all’aperto in mezzo alla neve. Sono un pessimo scommettitore.
Ovviamente giocare a carte non è uno dei tuoi passatempi preferiti quando sei in tournee?
BJ – No, non giochiamo molto a carte, ma in ogni caso io non sono il più fortunato alle carte. Malcolm è fortunato, lui vince sempre.
Gli AC/DC hanno un nuovo album “Blow Up Your Video” per il quale sono stati riconfermati Harry Vanda e George Young alla cabina di regia, così come era successo con la canzone “Who Made Who”. Si tratta, in questo caso, di un definitivo ritorno al passato, perché la coppia è stata responsabile dei primi successi della band, fino a quando Mutt Lange si era preso cura degli AC/DC. L’atmosfera dello studio Mirabelle, vicino a Marsiglia, pare sia stata assai buona e tutti sono estremamente soddisfatti delle prestazioni individuali. Angus e Brian si sono scambiati i complimenti. C’è inoltre da sottolineare il nuovo corso di Brian Johnson, il cui strumento (la voce) aveva dato qualche segno di ruggine durante la suddetta mini-tournee per “Who Made Who”.
BJ – La cosa più importante che ho fatto quest’anno è accaduta la settimana scorsa quando ho smesso di fumare. Di questi tempi vado almeno tre volte in palestra la settimana, per due o tre ore ogni volta. Ho smesso di bere pesantemente, bevevo regolarmente tanto whisky, litri di birra e litri di vino e questa lattina che ho in mano è solo la prima della giornata. Mi sentivo come se trattassi male i miei compagni non potendo dare il meglio di me stesso. Questo succedeva durante l’ultima tournee e quella precedente. E’ la parte più difficile cantare bene in ogni parte del mondo, però non facevo abbastanza per mantenermi alla loro altezza, perché fumavo troppe sigarette. Avrei dovuto smettere prima e non era una buona scusa dire ai ragazzi che non riuscivo a cantare. Non è possibile dire una cosa del genere, perché questo è il mio lavoro e se non sono in grado di farlo, allora meglio che me ne vada a fanculo. Ho fatto una promessa a me stesso, mi sono detto che dovevo molto ai ragazzi per tutto quello che hanno fatto per me, era il mio dovere dare il meglio per loro. Io so di avere le possibilità, so di avere la voce, ma sene abuso fumando e bevendo, perderò il mio posto. Sarei il primo a levarmi di torno, nessuno dovrebbe licenziarmi, andrei da loro e presenterei le mie dimissioni. Adesso mi sto veramente preoccupando di mantenere la promessa fatta di rimettermi in forma. Faccio jogging tutti i giorni ed al mio ritorno in America prenderò lezioni da un maestro d’opera che mi insegnerà a respirare e a cantare nel modo giusto. Se devo farlo farlo è giusto che lo faccia bene e seriamente. Ecco perché ho smesso di fumare la settimana scorsa per la prima volta nella mia vita. Sono passato da due o tre pacchietti al giorno a zero e la cosa è insopportabile. Leccherei quel posacenere che è lì sul tavolo per la voglia che ho di fumare, però resisto e non lo faccio. Non è il caso di fare cazzate, ho compiuto i 40 anni due mesi fa e questo vuol dire essere vecchi, però nonostante l’età rappresento qualcosain questo business. Quello che mi fa coraggio è che la maggioranza dei buoni cantanti rock ha la mia stessa età. Non mi preoccupa ammettere quanti anni ho perché non è l’età che conta, ma come ti senti. Potrei barare e dire che ne ho 33, però la gente non avrebbe più rispetto di me. Adesso con questo nuovo album in arrivo tutti hanno un incentivo per migliorare ed io non posso essere da meno. Siamo molto orgogliosi del fatto che senza aver ascoltato l’album la gente abbia comprato i biglietti in Australia per il prossimo tour in marzo, che è già tutto esaurito.
Questo Vostro successo vi è garantito dalla solida reputazione che avete. Mi chiedo come sieteriusciti a mantenervi sulla cresta dell’onda pur essendo circondati da gruppi più giovani che hanno preso molte vostre sonorità e attraggono sicuramente molto più pubblico femminile. Non sentite il peso del cambio generazionale?
BJ – Ne parlavamo proprio io ed Angus ad un nostro amico. Angus ha spiegato che questo fatto dicendo che probabilmente dipende da questo nostro rimanere sempre gli stessi. Questo è il modo di essere gli AC/DC, non l’abbiamo mai cambiato e non lo cambieremo mai. Credo che la gente abbia apprezzato lo stile che noi avevamo fin dal 1973, quando il gruppo si è formato. Ci sono stati alti e bassi, ma dal 1976 credo che noi abbiamo stabilito un modello definitivo che è rimasto invariato per gli ultimi 11 anni ed ha attraversato ogni barriera. Quando uscì “Flick Of The Switch” il mondo della musica rock voleva solo Michael Jackson. Su quell’album non abbiamo voluto nessun singolo. I ragazzi volevano fare solo un album fine a se stesso. Eravamo stanchi della gente che ci veniva a dire di comporre dei singoli. Abbiamo sputato in faccia a tutti e siamo ancora orgogliosi di quel disco, che è uno dei preferiti dai fans insieme a “Back in Black” e “Highway To Hell”.
Che gli AC/DC non siano cambiati è inconfutabile, però le leggi di mercato vi hanno portato a pubblicare singoli e a girare una manciata di video per l’ultimo album “Fly On The Wall”. Come detto, la vostra visita a Londra coincide con le riprese di un nuovo videoclip. Il punto focale della band è comunque sempre Angus Young che anche in questo nuovo album è ritratto in copertina.
BJ – Questa è tutta l’immagine e la bellezza degli AC/DC, il personaggio senza età vestito da scolaretto. Quando guardi gli occhi di Angus vedi ancora quell’espressione ammiccante che mai cambierà. Questo è Angus, che trasmette questa sensazione un po’ misteriosa attraverso quel suo sguardo da scolaretto, per cui il fatto che io abbia 40 anni non ha più importanza, io sono in quella band e questo mi trasmette l’energia necessaria. A me non frega un cazzo di nessuno e questa credo sia l’essenza che i kids devono estrarre dagli AC/DC. In un certo senso mi sento il nonno del rock’n’roll e, come detto, sono in ottima compagnia.
Hai ancora gli album e i 45 giri dei Geordie?
BJ – No, non ne ho più neanche uno. Non so dove cazzo siano finiti. E’ un vero peccato perché “She’s A Teaser” era una grande canzone, peccato che con quella band non abbiamo fatto un quattrino.
Come cambiano le cose nella vita, eh?
BJ – Sì, molto. Io ho sempre lavorato e credo che si debba passare attraverso tempi duri per ottenere qualcosa nella vita. Recentemente mi è sembrato di essere tornato a quei tempi, il giorno in cui io e Cliff Williams siamo arrivati allo studio di registrazione in Francia. Quando siamo arrivati era sera e buio. Un roadie ci doveva mostrare le nostre camere da letto. Tutti e due eravamo molto stanchi e contenti di andare a dormire. Con una torcia in mano ci ha portati attraverso dei porticati ed io mi stavo chiedendo dove cazzo fossimo. Il cottage era molto bellino, ma era difficile vedere bene. Una volta entrati ci siamo trovati in una stanzettina con una lampadina appesa al soffitto ed un materasso nell’angolo. La mia stanza era uguale e ci si arrivava solo attraverso una strettissima scala a chiocciola dove non riuscivo a passare con le valigie. Faceva un caldo torrido e mi chiedevo come mai il cottage fosse così grande e le stanze così piccole. Il roadie ci ha detto che le stanze non erano altro che la sacrestia dietro l’altare della chiesa. Così ci siamo trovati io e Cliff seduti per terra con una chiesa buia alle spalle e niente attorno. Avevamo una paura folle, ho tirato fuori una bottiglia di whisky e ci siamo ubriacati. Fortunatamente il giorno dopo ci hanno spostato negli edifici dove stavano anche gli altri».
Vi siete divertiti in Italia durante quella tournee di tre anni fa?
BJ – Era OK, però Nettuno è solo una piccola cittadina fuori Roma e quella era la nostra prima visita in Italia. A Torino suonammo solamente in una piccola parte dello stadio e non c’era molta atmosfera. Credo che non siamo riusciti a proporci agli italiani come volevamo, inoltre era organizzato male, si è trattato solo di vendere biglietti ai kids che erano a Nettuno e a Roma e a Torino. Non credo che molta gente sia venuta da lontano per vederci e i veri fans degli AC/DC sono venuti in pochi. A Torino ci sarebbe piaciuto suonare in un posto più grande e al coperto ed in una tournee meglio organizzata. Quella era solo l’appendice del Monsters Of Rock dopo Donington. Era una specie di rigurgito e a me non è piaciuto, perché mi sarebbe piaciuto andarci come parte di una tournee vera e propria degli AC/DC. Senza avercela con Nettuno, credo che non è giusto che quando andiamo in Germania suoniamo nelle grandi città, mentre in Italia ci hanno confinato nella periferia di Roma e in una parte dello stadio di Torino, dove non faceva neanche tanto caldo. Io ero soddisfatto solo a metà.
Recentemente gli AC/DC sono stati estremamente attivi. Negli ultimi due anni hanno pubblicato “Fly On The Wall” e “Who Made Who” quasi a ruota. Nel secondo caso, pur trattandosi di un album che poco di nuovo aggiungeva, c’è stata anche una tournee. Non credi che questo fosse un surplus vista la qualità del prodotto?
BJ – Noi non volevamo un album con “Who Made Who”. Noi siamo stati impegnati con Stephen King per fare la colonna sonora del suo film “Maximum Overdrive”. Facemmo solo un singolo, tutto qua. Io ho scritto il testo, un po’ di musica l’hanno composta Malcolm ed Angus. Il singolo però è andato così bene che la casa discografica ha voluto pubblicare un album con altre canzoni vecchie ed i ragazzi ne sono stati abbastanza contenti. Ma è stato veramente un successo, la tournee precedente era andata bene, così ci siamo imbarcati in un’altra breve di sei settimane, completamente sold out. Fa paura pensare a quello che abbiamo ottenuto con quell’unica canzone. Non ce l’aspettavamo, ma abbiamo fatto un sacco di soldi in un brevissimo tempo di sei settimane ed eravamo tutti molto felici. Successivamente abbiamo tagliato i ponti con tutti per concentrarsi sul nuovo album ed abbiamo atteso il momento giusto senza farsi spingere dalla casa discografica.
Come già accennato, durante la canzone “Who Made Who”, sul palco apparivano parecchi ragazzini vestiti come Angus Young, una cosa simile appariva nel video promozionale del brano. Come siete arrivati alla scelta di questi ragazzini?
BJ – Prima di arrivare in ogni città, abbiamo organizzato delle competizioni attraverso due stazioni FM rock locali per eleggere i migliori sosia di Angus. Loro raccoglievano e sceglievano da 6 a 8 vincitori e quelli vincevano il diritto di apparire sul palco con noi. Era un’idea buffa. Alcuni di loro erano veramente impauriti, altri invece erano talmente orgogliosi e sicuri di sé. Tutti comunque, una volta arrivati sul palco, hanno vissuto un momento indimenticabile della loro vita. E’ una cosa che non rifaremo, ma è stata una buona idea per quella volta. Inoltre in quelle sei settimane abbiamo utilizzato il set costruito per il video. Nessuno l’ha visto in Europa e quei tubi di plastica dall’aspetto futuristico possono essere ancora utilizzati per la nuova tournee con un paio di modifiche che si adattino al nuovo LP che pubblicheremo. Lo adatteremo anche per la prossima tournee americana, perché in fondo abbiamo suonato solo per poco tempo ed in aree specifiche. Abbiamo suonato soprattutto nelle grandi città e i siamo anche recati in località dove non avevamo mai suonato prima. Non eravamo mai stati a Las Vegas, perché quella è una città dove i gruppi rock non suonano. C’è stato il tutto esaurito e non eravamo in un night club, ma suonavamo in un grande auditorium universitario.
Vi siete divertiti a scommettere molto?
BJ – Non riuscirei a scommettere su me stesso capace di prendere un raffreddore, nudo, all’aperto in mezzo alla neve. Sono un pessimo scommettitore.
Ovviamente giocare a carte non è uno dei tuoi passatempi preferiti quando sei in tournee?
BJ – No, non giochiamo molto a carte, ma in ogni caso io non sono il più fortunato alle carte. Malcolm è fortunato, lui vince sempre.
Gli AC/DC hanno un nuovo album “Blow Up Your Video” per il quale sono stati riconfermati Harry Vanda e George Young alla cabina di regia, così come era successo con la canzone “Who Made Who”. Si tratta, in questo caso, di un definitivo ritorno al passato, perché la coppia è stata responsabile dei primi successi della band, fino a quando Mutt Lange si era preso cura degli AC/DC. L’atmosfera dello studio Mirabelle, vicino a Marsiglia, pare sia stata assai buona e tutti sono estremamente soddisfatti delle prestazioni individuali. Angus e Brian si sono scambiati i complimenti. C’è inoltre da sottolineare il nuovo corso di Brian Johnson, il cui strumento (la voce) aveva dato qualche segno di ruggine durante la suddetta mini-tournee per “Who Made Who”.
BJ – La cosa più importante che ho fatto quest’anno è accaduta la settimana scorsa quando ho smesso di fumare. Di questi tempi vado almeno tre volte in palestra la settimana, per due o tre ore ogni volta. Ho smesso di bere pesantemente, bevevo regolarmente tanto whisky, litri di birra e litri di vino e questa lattina che ho in mano è solo la prima della giornata. Mi sentivo come se trattassi male i miei compagni non potendo dare il meglio di me stesso. Questo succedeva durante l’ultima tournee e quella precedente. E’ la parte più difficile cantare bene in ogni parte del mondo, però non facevo abbastanza per mantenermi alla loro altezza, perché fumavo troppe sigarette. Avrei dovuto smettere prima e non era una buona scusa dire ai ragazzi che non riuscivo a cantare. Non è possibile dire una cosa del genere, perché questo è il mio lavoro e se non sono in grado di farlo, allora meglio che me ne vada a fanculo. Ho fatto una promessa a me stesso, mi sono detto che dovevo molto ai ragazzi per tutto quello che hanno fatto per me, era il mio dovere dare il meglio per loro. Io so di avere le possibilità, so di avere la voce, ma sene abuso fumando e bevendo, perderò il mio posto. Sarei il primo a levarmi di torno, nessuno dovrebbe licenziarmi, andrei da loro e presenterei le mie dimissioni. Adesso mi sto veramente preoccupando di mantenere la promessa fatta di rimettermi in forma. Faccio jogging tutti i giorni ed al mio ritorno in America prenderò lezioni da un maestro d’opera che mi insegnerà a respirare e a cantare nel modo giusto. Se devo farlo farlo è giusto che lo faccia bene e seriamente. Ecco perché ho smesso di fumare la settimana scorsa per la prima volta nella mia vita. Sono passato da due o tre pacchietti al giorno a zero e la cosa è insopportabile. Leccherei quel posacenere che è lì sul tavolo per la voglia che ho di fumare, però resisto e non lo faccio. Non è il caso di fare cazzate, ho compiuto i 40 anni due mesi fa e questo vuol dire essere vecchi, però nonostante l’età rappresento qualcosain questo business. Quello che mi fa coraggio è che la maggioranza dei buoni cantanti rock ha la mia stessa età. Non mi preoccupa ammettere quanti anni ho perché non è l’età che conta, ma come ti senti. Potrei barare e dire che ne ho 33, però la gente non avrebbe più rispetto di me. Adesso con questo nuovo album in arrivo tutti hanno un incentivo per migliorare ed io non posso essere da meno. Siamo molto orgogliosi del fatto che senza aver ascoltato l’album la gente abbia comprato i biglietti in Australia per il prossimo tour in marzo, che è già tutto esaurito.
Questo Vostro successo vi è garantito dalla solida reputazione che avete. Mi chiedo come sieteriusciti a mantenervi sulla cresta dell’onda pur essendo circondati da gruppi più giovani che hanno preso molte vostre sonorità e attraggono sicuramente molto più pubblico femminile. Non sentite il peso del cambio generazionale?
BJ – Ne parlavamo proprio io ed Angus ad un nostro amico. Angus ha spiegato che questo fatto dicendo che probabilmente dipende da questo nostro rimanere sempre gli stessi. Questo è il modo di essere gli AC/DC, non l’abbiamo mai cambiato e non lo cambieremo mai. Credo che la gente abbia apprezzato lo stile che noi avevamo fin dal 1973, quando il gruppo si è formato. Ci sono stati alti e bassi, ma dal 1976 credo che noi abbiamo stabilito un modello definitivo che è rimasto invariato per gli ultimi 11 anni ed ha attraversato ogni barriera. Quando uscì “Flick Of The Switch” il mondo della musica rock voleva solo Michael Jackson. Su quell’album non abbiamo voluto nessun singolo. I ragazzi volevano fare solo un album fine a se stesso. Eravamo stanchi della gente che ci veniva a dire di comporre dei singoli. Abbiamo sputato in faccia a tutti e siamo ancora orgogliosi di quel disco, che è uno dei preferiti dai fans insieme a “Back in Black” e “Highway To Hell”.
Che gli AC/DC non siano cambiati è inconfutabile, però le leggi di mercato vi hanno portato a pubblicare singoli e a girare una manciata di video per l’ultimo album “Fly On The Wall”. Come detto, la vostra visita a Londra coincide con le riprese di un nuovo videoclip. Il punto focale della band è comunque sempre Angus Young che anche in questo nuovo album è ritratto in copertina.
BJ – Questa è tutta l’immagine e la bellezza degli AC/DC, il personaggio senza età vestito da scolaretto. Quando guardi gli occhi di Angus vedi ancora quell’espressione ammiccante che mai cambierà. Questo è Angus, che trasmette questa sensazione un po’ misteriosa attraverso quel suo sguardo da scolaretto, per cui il fatto che io abbia 40 anni non ha più importanza, io sono in quella band e questo mi trasmette l’energia necessaria. A me non frega un cazzo di nessuno e questa credo sia l’essenza che i kids devono estrarre dagli AC/DC. In un certo senso mi sento il nonno del rock’n’roll e, come detto, sono in ottima compagnia.
Hai ancora gli album e i 45 giri dei Geordie?
BJ – No, non ne ho più neanche uno. Non so dove cazzo siano finiti. E’ un vero peccato perché “She’s A Teaser” era una grande canzone, peccato che con quella band non abbiamo fatto un quattrino.
Come cambiano le cose nella vita, eh?
BJ – Sì, molto. Io ho sempre lavorato e credo che si debba passare attraverso tempi duri per ottenere qualcosa nella vita. Recentemente mi è sembrato di essere tornato a quei tempi, il giorno in cui io e Cliff Williams siamo arrivati allo studio di registrazione in Francia. Quando siamo arrivati era sera e buio. Un roadie ci doveva mostrare le nostre camere da letto. Tutti e due eravamo molto stanchi e contenti di andare a dormire. Con una torcia in mano ci ha portati attraverso dei porticati ed io mi stavo chiedendo dove cazzo fossimo. Il cottage era molto bellino, ma era difficile vedere bene. Una volta entrati ci siamo trovati in una stanzettina con una lampadina appesa al soffitto ed un materasso nell’angolo. La mia stanza era uguale e ci si arrivava solo attraverso una strettissima scala a chiocciola dove non riuscivo a passare con le valigie. Faceva un caldo torrido e mi chiedevo come mai il cottage fosse così grande e le stanze così piccole. Il roadie ci ha detto che le stanze non erano altro che la sacrestia dietro l’altare della chiesa. Così ci siamo trovati io e Cliff seduti per terra con una chiesa buia alle spalle e niente attorno. Avevamo una paura folle, ho tirato fuori una bottiglia di whisky e ci siamo ubriacati. Fortunatamente il giorno dopo ci hanno spostato negli edifici dove stavano anche gli altri».
1988: ALTA TENSIONE «Il ritmo è scarno, caldo e primitivo. Le chitarre si dimenano, svisano, giocano a fare le virtuose. La voce rumoreggia per le troppe sigarette economiche e i superalcolici. Il legame perduto ritorna. E’ passato troppo tempo da quando un nuovo album degli AC/DC è stato accolto con eccitamento al di fuori della pur grande cerchia degli amanti del genere ed ora con la band che entra nella sua seconda decade di attività, il brusio che c’è intorno al loro nuovo album (il dodicesimo) “Blow Up Ypur Video” è semplicemente elettrico. Ed un po’ di questo brusiolo hanno fatto i The Cult. Non si sono infatti limitati solo a mandare il materiale degli AC/DC durante gli intervalli dei loro show, ma li hanno suonati loro stessi sul palco! Il singolo dei The Cult “Wild Flower” suona oggi come 12 anni fa, quando era conosciuto come “Rock’n’Roll Singer”, secondo brano dell’album del debutto inglese degli AC/DC “High Voltage”. Per completare lo scherzo, il chitarrista dei The Cult Billy Duffy suona una Gretsch bianca come Malcolm Young degli AC/DC ed il bassista Kid Chaos pratica un perfetto scuotimento di testa nella migliore tradizione Young. E come se non bastasse, i The Cult rubarono Kid, con tutte le sue magliette degli AC/DC, agli Zodiac Mindwarp, il primo album dei quali era a base di “Highway To Hell”. Ma questo non avviene solo in Inghilterra. Dall’altra parte dell’oceano il produttore che va per la maggiore nel rap e nel metal, Rick Rubin, cita gli AC/DC come i suoi favoriti a fianco dei Trouble Funk. I Beastie Boys non li amano ma rubano qua e là dal loro repertorio. I Georgia Satellites mettono sempre “It’s A Long Way To The Top” prima di salire sul palco. I Guns’n’Roses si sono distrutti in “Whole Lotta Rosie” nel loro ultimo tour. Lars Ulrich dei Metallica non va da nessuna parte senza il giubbotto del tour di “Back in Black”. Gli AC/DC sono il massimo! “Presto metteremo fine a questo” ride Angus Young. Il fratello più giovane di Malcolm lancia la sua inconfondibile massa di capelli indietro e mi porge una tazza di tè. Siamo nella West London, nell’ufficio della compagnia di management degli AC/DC, la Part Rock.
Non vi sembra ridicolo che siate diventati alla moda dopo tanti anni di musica grezza e senza fronzoli?
AY – […] Noi non siamo altro che una rock’n’roll band. Ci hanno definiti punk band, metal band, inguardabili, sessisti, di cattivo gusto…qualche volta ci hanno definiti buoni, qualche altra con altre parole, ma non siamo mai stati alla moda! Iniziammo prima che il punk venisse fuori, li battemmo di pochi mesi, perciò fummo definiti come la versione australiana del punk, […] e non ci siamo messi nella mischia.
Può essere che voi siate legati al punk per essere anche voi in quel momento sbucati fuori da un garage?
AY – Sì, tutte le band iniziano da qualche parte. Noi abbiamo iniziato in un’altra terra. E’ stata una lunga nuotata. Essenzialmente gli AC/DC non sono cambiati niente dagli anni del punk. Un bassista, un batterista sono venuti e se ne sono andati. Il cantante Bon Scott è morto per un bicchiere di troppo quando si iniziarono ad intravedere i primi risultati dopo i duri anni di gavetta. Commercialmente la band è cresciuta come nessun’altra ha fatto nell’hard rock. Poi l’arrivederci di Malcolm. La differenza tra “High Voltage” e il nuovo album sembra di due e non dodici anni. […]
Un paio di album deboli, arrugginiti si sono persi per strada. Ma hanno sempre giocato bene e duro, anno dopo anno. “Highway To Hel” e “Back In Black” sono ormai dei classici, niente da ridire. Tra il 1982 e il 1984 gli AC/DC apparivano un po’ stanchi e sembrava avessero perso la direzione, ma la paura che fossero invecchiati e che non avessero più mordente si è dimostrata prematura. Adesso sono tornati più vigorosi e duri che mai.
AY – Molto è dovuto al ritorno di Harry Vanda e George Young come produttori, i quali hanno fatto in modo che il video e il disco “Blow Up Your Video” avessero un sincero feeling live. Loro ci conoscono meglio di chiunque altro, hanno sempre teso l’orecchio a quello che stavamo facendo, anche in “Back In Black”, prodotto da Mutt Lange. La casa discografica voleva darci altre persone, ma poi siamo andati per circa cinque settimane in uno studio in Francia con Harry e George. A volte quando stai registrando un album puoi stare un intero anno senza combinare nulla. Non lo potevo sopportare, così siamo andati lì, bang bang bang…un po’ di casino e via.
Ah sì, il sesso. Mi sembra che Malcolm alcuni anni fa insisteva nel dire che alcuni tuoi riff avevano provocato in sua moglie degli orgasmi!
AY – Devo fare più attenzione! […] Quasi tutti gli psicologi dicono che la chitarra rappresenta il prolungamento del pene, io non ci ho mai fatto caso. Suono la chitarra perché mi piace il suo suono, solo per questo. Il sesso è l’ultima cosa a cui penso! Può essere che sia uno dei pochi fortunati.
Ma come, Angus, tu che decanti il sesso scatenato poi non lo metti in pratica? Conosci “Sink The Pink”, “Given The Dog A Bone” e “Let’s Get It Up”?
AY - Sì, ma noi siamo chiamati sessisti solo perchè ci piace il sesso! Non sono molto istruito, se fossi andato più a scuola mi avrebbero insegnato molti bei termini [..].
Forse è il ritmo…
AY – Sì, forse, ma dipende da come lo ascolti. La nostra musica mi rende molto eccitabile ed energico.
Provocanti o no, gli AC/DC 1988 sono sicuramente duri quanto l’inferno.
AY – Ci piace essere in questa maniera, pensa che molti studi sono stati riadattati perché non tutti sono strutturati per contenere una fottuta band come la nostra! A noi piace una grande sala nella quale suonare, così possiamo lavorare come band ed ottenere un suono micidiale.
Oltre a questo, Brian Johnson urla in modo rude e continuamente.
AY – Oh sì, il signor Carta Vetrata! Non lo chiamerei un cantante, ma un urlatore e lo stesso era Bon. Bon usava dire “…se cerchi un cantante devi andare a trovarlo nel coro della parrocchia”.
Se Brian è un urlatore che tipo di chitarrista sei tu?
AY – Un maniaco! Questo è dove io posso arrivare. Quando suoni del rock’n’roll devi essere “hard”, non noioso. (Angus si acciglia e poi sorride mentre gli faccio ascoltare con un walkman “Wild Flower”). Mi suona famigliare! (E’ più lusingato che irritato, soddisfatto che dopo aver tanto rubacchiato dal vecchio stile del rock’n’roll, ora gli AC/DC siano pronti per essere plagiati essi stessi). Abbiamo avuto tutti le nostre influenze, ma non è come molti pensano, non gli Zeppelin o cose del genere. Avevo un fratello negli Easybeats che suonava i riff degli Zeppelin prima degli Zeppelin. E’ stato più che altro un periodo, gli anni ’60, che ci hanno influenzato. A parte questo, io, Bon e Malcolm, ma specialmente Bon, amavamo Little Richard. Non siamo mai stati heavy metal. Come può uno scolaretto essere heavy metal? Non riesco ad immaginarmelo.
Penso che i vostri fans dicano il contrario.
AY – Ammetto che la nostra musica è un gran casino. […] Molti dei clubs nei quali suonavamo in Australia erano molto rischiosi, schiva una bottiglia di qua, scansa un pistone di là. L’unica volta che la finivano di attaccarci era quando incominciavamo a suonare duro e veloce. Le canzoni potevano cominciare anche lentamente, poi dovevano però aumentare verso la metà. Ricordo una volta in cui mi sono detto “non uscirò vivo da qui”. C’era un tipo che ci girava attorno con una mannaia da macellaio! Malcolm mi guarò ed io stavo ridendo, poi tutto ad un tratto ho sentito un calcio nel sedere e sono stato il primo a salire sul palco.
Angus ama sempre esibirsi dal vivo?
AY – E’ grandioso, mi fa sentire Napoleone per un’ora o giù di lì. Questo tour sarà molto lungo. Prima di andare in Inghilterra faremo l’Australia. Non andiamo lì da molto tempo e sento il bisogno di rivedere i boomerang e le scopate australiane!
Ti preme qualcosa nei pantaloni?
AY – Ooh, non tanto sesso! Infatti in Australia non siamo “cacciati” come negli altri posti. Inizio a pensare che gli AC/DC siano degli orfani.
Un orfano che invecchia?
AY – Se sono state dette delle cose senza pietà su di me devo dire che ho un’età che è verso la fine dei 20 e l’inizio dei 30. Ma per le ragazze ne ho 17! Ora abbiamo un manager che vuole che andiamo ai pop show ed io uso dirgli che se comincio a camminare sul palco le ragazze inizieranno a protestare fischiando, non vogliono vedere qualcosa di così sgradevole.
C’è qualcosa che senti di aver trascurato avendo fatto le tue scelte molto giovane?
AY – Come vivere? Sì, nei primi anni anni non c’erano pause. Sento comunque di essere più rilassato quando lavoro.
Ed hai trovato il tempo anche di sposarti?
AY – Sì, mi sono sposato. Lei mi ha visto adesso e prima e può dire che non sono ancora cresciuto. Quando sono con lei e non lavoro riesco a raggiungere un ottimo equilibrio.
[…]
AY – Rick Rubin? (ride e scrolla le spalle) Non l’ho mai conosciuto. Non sono troppo informato sulle ultime notizie. Quando accendo la televisione vado dritto ai cartoni animati! Seguo anche le cose che succedono, ma in genere le vedo con tre anni di ritardo. E’ bello che qualcuno si interessi a quello che facciamo, io comunque non andrò fuori dalla mia strada per vedere cosa dicono della band. Ho smesso di farlo da molto tempo, perché quando iniziammo a farlo era abbastanza deprimente. Quando noi arrivammo in Inghilterra dissero “Oh, è una di quelle cose delle colonie venute fuori dal nulla. Robaccia dell’Australia”. In America invece non sapevano da dove venivamo.
Quindi le probabilità che questo nuovo disco sia classificato come di provenienza coloniale non vi irrita?
Non vi sembra ridicolo che siate diventati alla moda dopo tanti anni di musica grezza e senza fronzoli?
AY – […] Noi non siamo altro che una rock’n’roll band. Ci hanno definiti punk band, metal band, inguardabili, sessisti, di cattivo gusto…qualche volta ci hanno definiti buoni, qualche altra con altre parole, ma non siamo mai stati alla moda! Iniziammo prima che il punk venisse fuori, li battemmo di pochi mesi, perciò fummo definiti come la versione australiana del punk, […] e non ci siamo messi nella mischia.
Può essere che voi siate legati al punk per essere anche voi in quel momento sbucati fuori da un garage?
AY – Sì, tutte le band iniziano da qualche parte. Noi abbiamo iniziato in un’altra terra. E’ stata una lunga nuotata. Essenzialmente gli AC/DC non sono cambiati niente dagli anni del punk. Un bassista, un batterista sono venuti e se ne sono andati. Il cantante Bon Scott è morto per un bicchiere di troppo quando si iniziarono ad intravedere i primi risultati dopo i duri anni di gavetta. Commercialmente la band è cresciuta come nessun’altra ha fatto nell’hard rock. Poi l’arrivederci di Malcolm. La differenza tra “High Voltage” e il nuovo album sembra di due e non dodici anni. […]
Un paio di album deboli, arrugginiti si sono persi per strada. Ma hanno sempre giocato bene e duro, anno dopo anno. “Highway To Hel” e “Back In Black” sono ormai dei classici, niente da ridire. Tra il 1982 e il 1984 gli AC/DC apparivano un po’ stanchi e sembrava avessero perso la direzione, ma la paura che fossero invecchiati e che non avessero più mordente si è dimostrata prematura. Adesso sono tornati più vigorosi e duri che mai.
AY – Molto è dovuto al ritorno di Harry Vanda e George Young come produttori, i quali hanno fatto in modo che il video e il disco “Blow Up Your Video” avessero un sincero feeling live. Loro ci conoscono meglio di chiunque altro, hanno sempre teso l’orecchio a quello che stavamo facendo, anche in “Back In Black”, prodotto da Mutt Lange. La casa discografica voleva darci altre persone, ma poi siamo andati per circa cinque settimane in uno studio in Francia con Harry e George. A volte quando stai registrando un album puoi stare un intero anno senza combinare nulla. Non lo potevo sopportare, così siamo andati lì, bang bang bang…un po’ di casino e via.
Ah sì, il sesso. Mi sembra che Malcolm alcuni anni fa insisteva nel dire che alcuni tuoi riff avevano provocato in sua moglie degli orgasmi!
AY – Devo fare più attenzione! […] Quasi tutti gli psicologi dicono che la chitarra rappresenta il prolungamento del pene, io non ci ho mai fatto caso. Suono la chitarra perché mi piace il suo suono, solo per questo. Il sesso è l’ultima cosa a cui penso! Può essere che sia uno dei pochi fortunati.
Ma come, Angus, tu che decanti il sesso scatenato poi non lo metti in pratica? Conosci “Sink The Pink”, “Given The Dog A Bone” e “Let’s Get It Up”?
AY - Sì, ma noi siamo chiamati sessisti solo perchè ci piace il sesso! Non sono molto istruito, se fossi andato più a scuola mi avrebbero insegnato molti bei termini [..].
Forse è il ritmo…
AY – Sì, forse, ma dipende da come lo ascolti. La nostra musica mi rende molto eccitabile ed energico.
Provocanti o no, gli AC/DC 1988 sono sicuramente duri quanto l’inferno.
AY – Ci piace essere in questa maniera, pensa che molti studi sono stati riadattati perché non tutti sono strutturati per contenere una fottuta band come la nostra! A noi piace una grande sala nella quale suonare, così possiamo lavorare come band ed ottenere un suono micidiale.
Oltre a questo, Brian Johnson urla in modo rude e continuamente.
AY – Oh sì, il signor Carta Vetrata! Non lo chiamerei un cantante, ma un urlatore e lo stesso era Bon. Bon usava dire “…se cerchi un cantante devi andare a trovarlo nel coro della parrocchia”.
Se Brian è un urlatore che tipo di chitarrista sei tu?
AY – Un maniaco! Questo è dove io posso arrivare. Quando suoni del rock’n’roll devi essere “hard”, non noioso. (Angus si acciglia e poi sorride mentre gli faccio ascoltare con un walkman “Wild Flower”). Mi suona famigliare! (E’ più lusingato che irritato, soddisfatto che dopo aver tanto rubacchiato dal vecchio stile del rock’n’roll, ora gli AC/DC siano pronti per essere plagiati essi stessi). Abbiamo avuto tutti le nostre influenze, ma non è come molti pensano, non gli Zeppelin o cose del genere. Avevo un fratello negli Easybeats che suonava i riff degli Zeppelin prima degli Zeppelin. E’ stato più che altro un periodo, gli anni ’60, che ci hanno influenzato. A parte questo, io, Bon e Malcolm, ma specialmente Bon, amavamo Little Richard. Non siamo mai stati heavy metal. Come può uno scolaretto essere heavy metal? Non riesco ad immaginarmelo.
Penso che i vostri fans dicano il contrario.
AY – Ammetto che la nostra musica è un gran casino. […] Molti dei clubs nei quali suonavamo in Australia erano molto rischiosi, schiva una bottiglia di qua, scansa un pistone di là. L’unica volta che la finivano di attaccarci era quando incominciavamo a suonare duro e veloce. Le canzoni potevano cominciare anche lentamente, poi dovevano però aumentare verso la metà. Ricordo una volta in cui mi sono detto “non uscirò vivo da qui”. C’era un tipo che ci girava attorno con una mannaia da macellaio! Malcolm mi guarò ed io stavo ridendo, poi tutto ad un tratto ho sentito un calcio nel sedere e sono stato il primo a salire sul palco.
Angus ama sempre esibirsi dal vivo?
AY – E’ grandioso, mi fa sentire Napoleone per un’ora o giù di lì. Questo tour sarà molto lungo. Prima di andare in Inghilterra faremo l’Australia. Non andiamo lì da molto tempo e sento il bisogno di rivedere i boomerang e le scopate australiane!
Ti preme qualcosa nei pantaloni?
AY – Ooh, non tanto sesso! Infatti in Australia non siamo “cacciati” come negli altri posti. Inizio a pensare che gli AC/DC siano degli orfani.
Un orfano che invecchia?
AY – Se sono state dette delle cose senza pietà su di me devo dire che ho un’età che è verso la fine dei 20 e l’inizio dei 30. Ma per le ragazze ne ho 17! Ora abbiamo un manager che vuole che andiamo ai pop show ed io uso dirgli che se comincio a camminare sul palco le ragazze inizieranno a protestare fischiando, non vogliono vedere qualcosa di così sgradevole.
C’è qualcosa che senti di aver trascurato avendo fatto le tue scelte molto giovane?
AY – Come vivere? Sì, nei primi anni anni non c’erano pause. Sento comunque di essere più rilassato quando lavoro.
Ed hai trovato il tempo anche di sposarti?
AY – Sì, mi sono sposato. Lei mi ha visto adesso e prima e può dire che non sono ancora cresciuto. Quando sono con lei e non lavoro riesco a raggiungere un ottimo equilibrio.
[…]
AY – Rick Rubin? (ride e scrolla le spalle) Non l’ho mai conosciuto. Non sono troppo informato sulle ultime notizie. Quando accendo la televisione vado dritto ai cartoni animati! Seguo anche le cose che succedono, ma in genere le vedo con tre anni di ritardo. E’ bello che qualcuno si interessi a quello che facciamo, io comunque non andrò fuori dalla mia strada per vedere cosa dicono della band. Ho smesso di farlo da molto tempo, perché quando iniziammo a farlo era abbastanza deprimente. Quando noi arrivammo in Inghilterra dissero “Oh, è una di quelle cose delle colonie venute fuori dal nulla. Robaccia dell’Australia”. In America invece non sapevano da dove venivamo.
Quindi le probabilità che questo nuovo disco sia classificato come di provenienza coloniale non vi irrita?
AY – No, accade di volta in volta. […] A proposito, ho incontrato un ragazzo di New York che suona in una band, i Beastie Boys. Venne da me e mi disse che avevano fatto una bella versione di “Back In Black”. Mi portò una copia e me la fece ascoltare, non era male. E’ lusinghiero. Finchè non ruberanno il mio conto in banca è tutto OK. (Angus allontana la sua tazza di tè, si affonda nella poltrona e ride di tutte quelle idee degli AC/DC che sono entrate in voga). E’ probabilmente perché siamo in giro da così tanto tempo che la gente pensa che sia giusto essere saccheggiati. Noi lo abbiamo fatto con gli altri, perché ora non dovrebbero farlo con noi? Forse siamo dei tipi strani, siamo gli ultimi rimasti!»
(Interviste tratte da H/M)